sabato 19 maggio 2012

Attraverso gli occhi di Einstein


In questi giorni, studiando il suo pensiero filosofico, mi è ricapitato di ritrovarmi tra le mani un post che avevo pubblicato sul mio vecchio blog (ormai chiuso) il 16 maggio 2009.
Lo ripropongo per chi all'epoca non ha potuto al leggerlo, ma principalmente perché fa parte di un discorso che ci tengo a fare, che mischia filosofia, musica, e vissuto per ricreare quell che si potrebbe additare come il mio pensiero, o l'attitudine con cui mi approccio a questo mondo. Non penso sia unico né originale, ma penso sia utile a capire il perché di quello che scriverò, perché di quello che penso è ovviamente influeanzato dal mio essere o esserci. Quindi questo è il primo di alcuni post che andranno a delineare su cosa si basa quello che penso, nella solita speranza che vi sia occasione di un confronto.

Il post originale
Gli oggetti fisici non sono "nello spazio", bensì "spazialmente estesi". In tal modo il concetto di "spazio vuoto" perde il suo significato.

Queste parole, scritte da Albert Einstein il 9 giugno del 1952 come nota introduttiva alla quindicesima edizione del suo libro divulgativo sulla relatività, da giorni mi continuano a girare per la testa. Ci rifletto sopra cercando di capire il vero significato di tale affermazione e tutte le sue possibili implicazioni, ma ogni volta che mi sembra di avvicinarmi sempre più a quello che Einstein voleva dire c'è qualcosa che mi sfugge, che non riesco ad afferrare.
L'essere spazialmente estesi, a mio parere, vuol dire che la materia e l'energia (che per la famosa formula E=mc^2 sono in realtà due manifestazioni della stessa entità fisica) non si muovo liberamente nello spazio ma sono esse stesse parte dello spazio, e quindi la materia come noi la conosciamo e con cui noi ci confrontiamo tutti i giorni sembra essere in realtà nient'altro che concentrazioni diverse (a seconda della quantità di materia dell'oggetto fisico) di questo tessuto che costituisce l'intero universo. Questa visione nata dalla concezione relativistica di Einstein della realtà sembra giustificare il fatto che tutto è costituito dalle stesse particelle basilari (gli atomi) che diventano sempre più complesse e con una massa maggiore man mano che la concentrazione di questa entità aumenta.
L'evoluzione dell'universo, il riunirsi  della materia nei grandi ammassi globulari che chiamiamo comunemente stelle, ha portato questi corpi celesti a divenire delle incubatrici per le svariate decine di elementi presenti in natura. Come spesso i chimici amano romanticamente ricordare "non siamo altro che polvere di stelle" perchè siamo costituiti dalla materia che è scaturita dall'esplosione di una stella morente. Quindi anche noi altro non siamo che la materia-energia che permea e costituisce l'essenza dell'universo, e quindi anche noi siamo spazialmente estesi.
Se già questo non bastasse a farci guardare la realtà con occhi diversi, Einstein e la sua teoria dello spaziotempo (che dice che lo spazio e il tempo sono uniti insieme e generano un universo a quattro dimensioni) il parlare di punti perde di significato, anzi viene tramutato nel concetto di eventi nello spaziotempo, i quali non sono altro che punti nello spazio in un determinato tempo. Per visualizzare meglio questo concetto immaginate di essere al Colosseo di Roma, vicino al posto in passato riservato ai vari imperatori romani. Ora, voi vi trovereste spazialmente nello stesso posto in cui sono stati seduti Nerone, Caligola, Costantino e molti altri, ma non li vedreste di certo tutti seduti sopra l'altro, anzi non li vedreste proprio, perché fortunatamente anche se vi accomunano le stesse coordinate spaziali è diversa la vostra coordinata temporale, perché se così non fosse non ci sarebbe nessun posto comodo in cui sedersi se qualcun altro vi si è seduto prima di noi (immaginate i problemi legati alla sicurezza negli stadi per dirne una delle tante conseguenze assurde), anzi, a sarebbe normale andare a Waterloo e incontrare Napoleone in divisa da guerra che prepara la sua ultima battaglia, o nel nostro parlamento sarebbe all'ordine del giorno vedere seduti uno accanto all'altro Mussolini, Andreotti, Craxi, Moro e Bertinotti. È anche per questo motivo che in astronomia e astrofisica (dove questa caratteristica universale si manifesta più visibilmente) per determinare la distanza tra noi e le stelle si parla di anni-luce, cioè di una distanza nel tempo.
Quindi, tornando al discorso principale, essendo lo spazio e il tempo indivisibili, non siamo solo spazialmente estesi ma anche temporalmente estesi. Quindi, giunti a questo punto non sarebbe neanche del tutto assurdo dire che l'insieme di tutta la materia costituisce l'intera del essenza del tempo, oltre che dello spazio. Così i corpi muovendosi generano delle onde in questa membrana spaziotemporale, essendo loro stessi una parte di quella membrana; e tali onde viaggerebbero alla velocità della luce (velocità limite in questo universo) come sottili increspature. Essendo ogni corpo dotato di massa, ed essendo questa caratteristica la causa della forza gravitazionale, le onde che si generano sono onde gravitazionali,che altro non sono increspature del tessuto spazio temporale. È come un mare attraversato da un corrente: la corrente muoverebbe l'acqua intorno e genererebbe un onda che si propaga e che viene smorzata lungo il suo tragitto. Quale sia la natura di queste onde e cosa implica tutto questo, Einstein non disse altro oltre al fatto che trasportano la variazione della forza di gravità dovuta all'energia cinetica del corpo in movimento, ma su questo punto ritornerò in uno dei seguenti post.
Per il momento il viaggio nel cosmo si conclude qui, come la semplificata visione partorita dalla mente  del più influente fisico del '900.


Il mio pensiero a posteriori
Probabilmente vi sono delle imprecisioni nel descrivere la teoria della relatività, in particolare quella generale, ma l'essenza di quel pensiero, cioè che siamo temporalmente estesi è un qualcosa che è rimasta ed è stata rispresa in molti contesti indipendenti dal ragionamento di Einstein, ma su questo spero di tornarci presto.