In
questi giorni, studiando il suo pensiero filosofico, mi è ricapitato di
ritrovarmi tra le mani un post che avevo pubblicato sul mio vecchio blog
(ormai chiuso) il 16 maggio 2009.
Lo
ripropongo per chi all'epoca non ha potuto al leggerlo, ma
principalmente perché fa parte di un discorso che ci tengo a fare,
che mischia filosofia, musica, e vissuto per ricreare quell che si
potrebbe additare come il mio pensiero, o l'attitudine con cui mi
approccio a questo mondo. Non penso sia unico né originale, ma
penso sia utile a capire il perché di quello che scriverò, perché di quello che penso è ovviamente influeanzato dal mio essere o esserci.
Quindi questo è il primo di alcuni post che andranno a delineare su
cosa si basa quello che penso, nella solita speranza che vi sia
occasione di un confronto.
Il
post originale
Gli
oggetti fisici non sono "nello spazio", bensì
"spazialmente estesi". In tal modo il concetto di "spazio
vuoto" perde il suo significato.
Queste
parole, scritte da Albert Einstein il 9 giugno del 1952 come nota
introduttiva alla quindicesima edizione del suo libro divulgativo
sulla relatività, da giorni mi continuano a girare per la testa. Ci
rifletto sopra cercando di capire il vero significato di tale
affermazione e tutte le sue possibili implicazioni, ma ogni volta che
mi sembra di avvicinarmi sempre più a quello che Einstein voleva
dire c'è qualcosa che mi sfugge, che non riesco ad afferrare.
L'essere
spazialmente estesi, a mio parere, vuol dire che la materia e
l'energia (che per la famosa formula E=mc^2
sono in realtà due manifestazioni della stessa entità fisica) non
si muovo liberamente nello spazio ma sono esse stesse parte dello
spazio, e quindi la materia come noi la conosciamo e con cui noi ci
confrontiamo tutti i giorni sembra essere in realtà nient'altro che
concentrazioni diverse (a seconda della quantità di materia
dell'oggetto fisico) di questo tessuto che costituisce l'intero
universo. Questa visione nata dalla concezione relativistica di
Einstein della realtà sembra giustificare il fatto che tutto è
costituito dalle stesse particelle basilari (gli atomi) che diventano
sempre più complesse e con una massa maggiore man mano che la
concentrazione di questa entità aumenta.
L'evoluzione
dell'universo, il riunirsi della materia nei grandi ammassi
globulari che chiamiamo comunemente stelle, ha portato questi corpi
celesti a divenire delle incubatrici per le svariate decine di
elementi presenti in natura. Come spesso i chimici amano
romanticamente ricordare "non siamo altro che polvere di stelle"
perchè siamo costituiti dalla materia che è scaturita
dall'esplosione di una stella morente. Quindi anche noi altro non
siamo che la materia-energia che permea e costituisce l'essenza
dell'universo, e quindi anche noi siamo spazialmente estesi.
Se
già questo non bastasse a farci guardare la realtà con occhi
diversi, Einstein e la sua teoria dello spaziotempo (che dice che lo
spazio e il tempo sono uniti insieme e generano un universo a quattro
dimensioni) il parlare di punti perde di significato, anzi viene
tramutato nel concetto di eventi nello spaziotempo, i quali non sono
altro che punti nello spazio in un determinato tempo. Per
visualizzare meglio questo
concetto immaginate di essere al Colosseo di Roma, vicino al posto in
passato riservato ai vari imperatori romani. Ora, voi vi trovereste
spazialmente nello stesso posto in cui sono stati seduti
Nerone, Caligola, Costantino e molti altri, ma non li vedreste di
certo tutti seduti sopra l'altro, anzi non li vedreste proprio,
perché fortunatamente anche se vi accomunano le stesse coordinate
spaziali è diversa la vostra coordinata temporale, perché se così
non fosse non ci sarebbe nessun posto comodo in cui sedersi se
qualcun altro vi si è seduto prima di noi (immaginate i problemi
legati alla sicurezza negli stadi per dirne una delle tante
conseguenze assurde), anzi, a sarebbe normale andare a Waterloo e
incontrare Napoleone in divisa da guerra che prepara la sua ultima
battaglia, o nel nostro parlamento sarebbe all'ordine del giorno
vedere seduti uno accanto all'altro Mussolini, Andreotti, Craxi, Moro
e Bertinotti. È anche per questo motivo che in astronomia e
astrofisica (dove questa caratteristica universale si manifesta più
visibilmente) per determinare la distanza tra noi e le stelle si
parla di anni-luce, cioè di una distanza nel tempo.
Quindi,
tornando al discorso principale, essendo lo spazio e il tempo
indivisibili, non siamo solo spazialmente estesi ma anche
temporalmente estesi. Quindi, giunti a questo punto non sarebbe
neanche del tutto assurdo dire che l'insieme di tutta la materia
costituisce l'intera del essenza del tempo, oltre che dello spazio.
Così i corpi muovendosi generano delle onde in questa membrana
spaziotemporale, essendo loro stessi una parte di quella membrana; e tali onde
viaggerebbero alla velocità della luce (velocità limite in questo
universo) come sottili increspature. Essendo ogni corpo dotato di
massa, ed essendo questa caratteristica la causa della forza
gravitazionale, le onde che si generano sono onde gravitazionali,che
altro non sono increspature del tessuto spazio temporale. È come un
mare attraversato da un corrente: la corrente muoverebbe l'acqua
intorno e genererebbe un onda che si propaga e che viene smorzata
lungo il suo tragitto. Quale sia la natura di queste onde e cosa
implica tutto questo, Einstein non disse altro oltre al fatto che
trasportano la variazione della forza di gravità dovuta all'energia
cinetica del corpo in movimento, ma su questo punto ritornerò in uno
dei seguenti post.
Per
il momento il viaggio nel cosmo si conclude qui, come la semplificata
visione partorita dalla mente del più influente fisico del
'900.
Il mio pensiero a posteriori
Probabilmente vi sono delle imprecisioni nel descrivere la teoria della relatività, in particolare quella generale, ma l'essenza di quel pensiero, cioè che siamo temporalmente estesi è un qualcosa che è rimasta ed è stata rispresa in molti contesti indipendenti dal ragionamento di Einstein, ma su questo spero di tornarci presto.
Le onde gravitazionali mi hanno sempre affascinato.
RispondiEliminaBe interessante questa visione. E credo che sia anche la più corretta per descrivere la cosa. Io la interpreto a mio modo da uomo della strada e non da fisico quindi magari la mia interpretazione si discosta in parte da quella di Einstein, o dalla tua, cmq sia se si presupponesse che gli oggetti sono nello spazio, significa dare entità di soggetto allo spazio, e ciò sarebbe errato, lo spazio di per se stesso non può esistere, lo spazio esiste per la spazialità intrinseca degli oggetti che prendono forma nello spazio, nella loro essenza stessa di elementi. Questo discorso lo si può riportare tranquillamente sul tempo. Credo che banalmente visto da altri punti di vista l'errore parte dal fatto che semanticamente lo spazio viene inteso come il non visibile tra due punti. Non ricordandoci che anche l'aria è materiale quindi spaziale avendo ogni cosa spazialità. Credo che l'errore nasca da questo fatto percipiente. Mi rendo conto che non è direttamente collegato al concetto di Einstein e magari c'entra poco o niente ma è cmq riconducibile al discorso principale. Sempre questione di punti vista.
RispondiEliminaQuello che dici in realtà non si discosta poi tanto, perchè in fondo è dalla critica alla spazio esistente di per sè così come il tempo (frutto della concezione di Newton di tempo e spazio assoluto) che parte a ragionare per poi costruire l'intero edificio della relatività, prima ristretta (speciale) e poi generale.
EliminaNon penso che la concenzione comune derivi semplicemente da un problema semantico, ma ad una tradizione che Newton utilizza poi per scrivere le basi della meccanica classica. Non so bene da dove arrivi tale concezione, ma penso sia legata al dare per scontato che l'unità di misura della distanza non varia in base al luogo, o alla natura dell'oggetto o della misura stessa, quindi deve essere indipendente da tutto questo, e da qui al concepire uno spazio assoluto in cui vi sono presenti gli oggetti fisici è molto veloce.
Per quanto riguarda il tempo originariamente la cosa è un po' diversa e il problema ha interessato molti filosofi, ma penso che la concezione comune derivi dal fatto che tutto il mondo riesciva a concordare sullo scorrere di esso, a stilare calendari in base a proprietà cicliche presenti in natura, e quindi se tutti concordano questa scansione deve essere uguale per tutti, su questo pianeta e fuori (regolamentando anche le stelle), e quindi non può essere legato a qualcosa in particolare, ergo il tempo fluisce a prescindere da ciò che accade (concezione del tempo assoluto utilizzata da Newton).
Ribadisco, nel senso comune funzionava in questo modo, e penso che tutt'ora questo rimanga radicato nelle persone nonostante sia passato quasi un secolo da quando Einstein ha elaborato la teoria della relatività.
Comunque, nonostante il punto di vista diverso rispetto all'origine della problematica, hai perfettamente afferrato quello che volevo comunicare.