sabato 16 marzo 2013

To Be A Rock And Not To Roll

Siamo solitudini: nasciamo soli, rimaniamo soli (dentro di noi) e moriamo soli. Siamo buchi neri affettivi in reciproca attrazione, assordati dal silenzio dell'assenza di affetto, di comprensione, di condivisione, dal senso di vuoto. Inoltre, più profondamente una persona si  trova a pensare a vivere ciò che lo circonda, più appare quasi impossibile  colmare quel vuoto e cancellare quella solitudine interiore, come ho già evidenziato nel post Giorraionn beirt bothar. Non sempre si può percorrere la strada insieme, come facevo presente in quelle righe, e anche se si è avuto la fortuna di trovare qualcuno con cui condividere tale strada, questo non si può ovviamente fare con tutte le persone che incontriamo nella nostra vita, e neanche solo quelle a cui teniamo davvero, quelle a cui vorremmo stare vicino e per il quale si è disposti a fare qualsiasi cosa pur di non vederle tristi, per farle sorridere, per placare quel senso di vuoto che pare incolmabile.
L'unico modo di essere vicino a qualcuno, di trasformare l'assordante silenzio in una melodia che, in accordo con l'altro diventi armonia, è quando si diventa un sostegno, un punto di riferimento, un pilastro della sua vita, una sicurezza incrollabile, sulla quale l'altro potrà sempre contare, perchè solo in questi momenti possiamo essere vicini a qualcuno, quando l'altro difese e noi ci sentiamo più liberi e sicuri; solo in questo modo che si crea un legame, un dialogo sincero.

In una canzone tratta dal loro album senza titolo (la celebre Stairway to Heaven) i celebri versi finali che chiudevano l'ultima strofa, riportano il concetto con la frase "To Be A Rock And Not To Roll", il quale può essere tradotto letteralmente come "essere una roccia e non rotolare" ma anche figurativamente, dove il termine rock può assumere il significato di un sostegno simile alle fondamenta di una casa, e quindi quella frase assumerebbe il significato "essere un sostegno e non crollare". Per me quel verso, e forse anche i tre precedenti, sono diventati una specie di promemoria, una massima, una linea guida da perseguire e tenere ben in mente, soprattutto quando si è di fronte a certi bivi o quando si ha la tentazione di cedere. "Essere un sostegno e non crollare", perché altrimenti si cede alla vertigine, all'ebbrezza di debolezza di cui parla Kundera ne L'insostenibile leggerezza dell'essere, perché così si cancella la solitudine; sì, essere di sostegno agli altri, dedicandosi agli altri, cancella la solitudine, perché riempie il vuoto che genera quella sensazione di solitudine, perché non ti fa sentire un'isola in mezzo in mezzo ad un oceano ignoto, perché ti dà un qualcosa da condividere, ti dà la forza per reagire e la resistenza per sopportare  cose che non pensavi di riuscire a reggere.

Essere un sostegno, un pilastro fondamentale, reggendo i problemi delle persone a cui si tiene, con tutto sé stesso: è questo l'unico modo per avvicinare in modo costruttivo quei due vuoti affettivi altrimenti destinati all'isolamento. E non cambia il tipo di legame che vi è, così come non importa la reciprocità di tale pensiero, perchè è generato semplicemente dall'affetto, e quindi amore, amicizia, o fratellanza non contano, conta solo il voler esser-ci e voler far parte di qualcosa, un condividere qualcosa che sia solo dei diretti interessati (esperienze comuni o altro che andranno far parte della loro storia e di come diventeranno, insomma, essere una parte importante della loro via).

In sostanza è questo secondo me l'unico modo per colmare la solitudine:
  1. essere una sostegno e non crollare
  2. esser-ci nella vita degli altri condividendo il più esperienze possibili con loro
    perchè il vero egoismo è l'altruismo.

Detto questo, vi saluto con quel capolavoro dei Led Zeppelin suonata dal vivo Madison Square Garden di New York City nel 1973.

Buona visione.

Rock On!





C'è una donna che è sicura
Sia tutto oro quel che brilla
E si compra una scala per il Cielo.
Sa che quando vi giungerà
Se i tutti negozi sono chiusi
Con una parola può ottenere ciò che vuole.
E si compra una scala per il Cielo.

C'è un segno sul muro
Ma lei vuole essere sicura
Perché come sai, a volte le parole hanno due significati.

Su di un albero accanto al fiume
C'è un canarino che canta,
A volte tutti i nostri pensieri sono fraintesi. 

E ciò mi meraviglia.

C'è una sensazione che provo
Quando guardo verso occidente
E la mia anima piange per la partenza.
Nei miei pensieri ho visto
Anelli di fumo fra gli alberi
E le voci di coloro che stavano a guardare.

E ciò mi meraviglia.

E si mormora che presto
Se noi tutti intoniamo la melodia
Il pifferaio ci condurrà alla ragione.
E arriverà un nuovo giorno
Per coloro che aspettano da tempo,
E le foreste echeggeranno di risate.

Se ci sono dei rumori nella tua siepe
Non allarmarti,
Sono solo i preparativi per la festa di Maggio.
Si, ci sono due vie che puoi percorrere,
Ma alla lunga
C'è sempre tempo per cambiare strada.

E ciò mi meraviglia.

Nella tua testa senti un brusio che non se ne andrà,
Nel caso tu non lo sappia
Il pifferaio sta chiamando per unirti a lui.
Donna, senti il vento soffiare
E lo sai che
La tua scala è costruita sul sussurro del vento?

E mentre scendevamo lungo la strada
Con le nostre ombre più alte delle nostre anime
Lì camminava una donna che noi tutti conosciamo
Che brilla di luce e vuol dimostrare
Come tutto in ultimo si tramuta in oro
E se ascolti molto bene
La melodia giungerà a te alla fine.
Quando uno è tutti e tutti sono uno
Essere pietra e non rotolare.

E si compra una scala per il Cielo.

domenica 3 marzo 2013

Giorraionn beirt bothar


Alla fine siamo tutti soli, con i nostri spettri del passato, i nostri scheletri nell’armadio, le nostre fobie adulte, e non abbiamo nessuno con cui parlarne che ci comprenda, perché ognuno è troppo immerso nell’abisso dell’egoismo e della propria sofferenza; e quindi cerchiamo conforto e non lo troviamo negli altri, nella famiglia, nella religione o in qualunque altra nostra credenza, ma ci riuniamo comunque per scambiarci vuote parole di solitudine simulando una felicità fittizia, una maschera sociale che allevia il dolore in apparenza (ma che è come un goldone per una sincera relazione interpersonale), ingannandoci di essere qualcuno che non siamo e mai saremo, perchè la follia dell'originalità di noi stessi saboterebbe ogni rapporto frutto di una comunicazione freddamente razionale.
Siamo tutti soli perchè solo nei soliloqui incoscienti siamo noi stessi, e solo in essi, ormai, siamo capaci di abbracciare la follia delle emozioni, nostre o esterne a noi; è per questo che vorrei nuotare in mare di follia, in un mondo pazzo che sia ancora capace di credere alla magia, all'empatia di due anime che comunicano a distanza, all'amore e alla felicità come aspirazione, e che rilega la ragione solo come mezzo per conoscere questo universo, e non come puro ed unico motore di una logica che ormai guarda solo il profitto, ma perde di vista l'autenticità dei pensieri e dei sentimenti; così lottiamo per sopravvivere in una società innaturale che reprime l'istinto naturale, e più cerchiamo di sopprimerlo più ci allontaniamo da noi stessi, e quella voce di sincerità che da sola esprime sé stessa ad un Io sordo, pian piano si affievolisce; così mi chiedo, se perfino noi stessi riusciamo a stento ad ascoltarci, come possiamo sperare che gli altri ci riescano? Come possiamo sperare di arricchire le nostre reciproche follie se ogni persona reprime la propria? Come potremmo trovare un modo di infrangere il muro della nostra alienazione, aprendoci al mondo, quando il mondo vuole solo schiacciarci? Come potremmo, noi, cancellare la distanza e far sì che i nostri soliloqui prendano forza e vigore, ed infine interagiscono per far diventare due monologhi un dialogo?
Solo trovando una risposta personalizzata a queste domande, superando questi problemi con una data persona, ci farà davvero percorre la strada insieme a lei, non come entità che viaggiano accanto, ma come individuazioni che, legate, viaggiano verso il giorno che verrà, l'alba di un domani ignoto, ma che insieme sarà più facile affrontare, e condividendo appunto con qualcuno di importante il tutto sarà più intenso e vitale di quanto ora possa apparire. È così che intendo il noto modo di dire celtico giorraionn beirt bothar (in due la strada è più breve), perchè si accelera il mutamento, si applica il Principio del vuoto di Joseph Newton, e ci si sostiene a vicenda quando tutto sembra crollare.
Esiste solo una persona al momento con cui ho provo davvero a fare la strada insieme, perché siamo solitudini affini che si attirano e si comprendono a vicenda, e per lei ci metto sempre tutto me stesso, anche se si tratta solo della mia confusione e quel poco di coerente che è la mia persona, per proseguire quel cammino. Per lei sono disposto a mettere in gioco ogni cosa, a rimettere in discussione ogni certezza perché, citando l'attimo fuggente, “è proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva”, ma soprattutto per non soffrire di quella sindrome degli angeli caduti citata da Jack Folla nel brano sottostante.