Passavo
ogni vespro ad osservare la lenta discesa del sole che calava sotto
la linea dell’orizzonte. Intravedevo la sfera infuocata tra le
folte chiome degli alberi, vedevo il cielo cadere lentamente in un
baratro di tenebre, seguito da una spenta luce arancione, come gli
ultimi battiti di coda di una creatura morente. Solo otto minuti
bastavano per far scomparire quella debole fiamma, dopo che l’astro
aveva compiuto il suo arco nella volta celeste.
In
quei momenti ero sempre stato da solo, con i miei pensieri, con le
mie paure, con i miei sogni e miei progetti futuri. Il tramonto per
me aveva un significato quasi magico, era un momento mistico, in cui
pensavo alle grandi domande che ci tormentano.
"Cos’è
l’amore, cosa si prova quando si viene impadroniti di questo
sentimento? Quando t’invade l’animo, quando non pensi ad altro
che alla persona che si ama, ed è l’unica cosa che per te è
importante?"
"Perché
siamo in questo posto chiamato mondo? Perché ci hanno donato la
vita?"
I
minuti in quei momenti eterni, sembravano correre impazziti, ma ogni
tramonto sembrava interminabile, perché io volevo che non finisse
mai. Io volevo rendere eterni quegli attimi, ma se non ce l’ho
fatta nella realtà, essi lo sono diventati solo nella mia inalterata
memoria.
Quei
giorni passavano lenti e uguali tra di loro, come se tutto fosse
sempre stato così e che sarebbe durato in eterno, ma da una notte di
molti anni fa non avrei mai passato alcun tramonto solo con me
stesso. Quel giorno, sotto la luce che si spegneva e la luna che
illuminava il sentiero, per la prima volta quel giorno, con quella
atmosfera tratta da un sogno, alzai il volto in avanti e incrociai il
tuo sguardo e il tuo sorriso. Nel lento e lungo cammino che separava
noi due dalle nostre abitazioni, parlavamo di noi e io venni a
conoscenza che io e te eravamo molto simili. Non c’importava quello
che pensavano gli altri, non c’importava niente delle cose
materiali, l’unica cosa che contava in quel momento era che eravamo
insieme.
Da
lì in poi, per lunghe decadi, al tramonto ci siamo sempre ritrovati,
e abbiamo condiviso momenti che solo in un sogno avrebbero potuto
essere più belli. Ad ogni vespro, ci sentivamo sempre più vicini,
sempre più uniti.
Il
tempo con te passava veloce.
Dopo
il vespro la sera. Un sottile spicchio di luna illuminava il buio
cielo che ci sovrastava, in cui nere nubi coprivano ogni cosa tranne
quel astro e la sua flebile luce. Una leggera brezza accarezzava le
tue delicate guance divenute rosse, forse per il freddo o per altro,
e muoveva le foglie morte che lentamente cadevano a terra,
aggiungendosi al fruscio che accompagnava il sordo lamento del vento.
In quei momenti, quando io e te eravamo l’uno nelle braccia
dell’altra, sentivo il tuo leggero respiro e il battito rapido dei
nostri cuori, che in quei momenti sembravano intenti a riprodurre il
suono di una mandria che correva impazzita. Ti tenevo stretta tra le
mie braccia, nel desiderio comune di fermare la corsa del tempo, che
quel attimo divenisse infinito. Sarei potuto morire in quel momento,
e sarei stato comunque felice. Felice di sapere che in quel cielo
così scuro, la tua scura chioma dai lucenti riflessi libera al
vento, guidava ogni cosa e la illuminava di luce impropria, come la
luna. Quel momento durò pochi secondi, o forse pochi minuti, ma ogni
giorno, poco prima del tramonto, il mondo spariva tranne quel piccolo
angolo verde sperduto nel paradiso terrestre che faceva da sfondo
alle nostre sensazioni e rispecchiava i nostri sentimenti. Ogni
giorno con il caldo d’Estate, nei colori dell’Autunno, tra luci
delle stelle dell’Inverno, e l’odore dei fiori di Primavera, io e
te ritornavamo alle origini, quando era mondo era appena nato, e
nessuno vi abitava in quel paradiso.
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